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Informale: la crisi del figurativo


 

Questo periodo della produzione artistica di Riva (anni '60) corrisponde a quella che noi consideriamo quarta stagione del suo 'figurativo', quella 'informale' o anche detta 'materica'. E’ la problematica degli artisti coevi, soprattutto europei e in primo luogo pittori: Burri, Mathieu, Dubuffet, l’italiano Afro, gli americani Pollock e Kline, tra loro così diversi. Li anticipa Fautrier, con le opere all'incirca dal 1920 al 1940, nelle quali protagonista della pittura è la materia. E’ un rifiuto della forma e nella scultura si traduce in un procedere veloce e approssimato. La narrazione è lasciata ad un minimo grado di definizione, la superficie è consumata, logora. I volumi sempre meno solidi e tendenti al disfacimento delle superfici. Riva produce in questa stagione non solo opere di ricerca (attualmente presenti in collezioni private, come il "Cavallo Morente", proprietà Lucio Saibene, "Tre figure" e "Due figure", proprietà Alberio - foto G.Buscema - , "Colloquio", proprietà autore),

 

  "Colloquio"


  ma nello stesso stile realizza molte opere di committenza, alcune di grande importanza, come il "Monumento ai Caduti" di Montesolaro del 1961,


la "Via Crucis" per la Chiesa Parrocchiale di Verano Brianza del 1959 (foto G.Buscema),

 
 

o quella, ancor più informale, per il Cimitero di Monte Olimpino (1964).

 
 


In questo stile molte sono le cappelle e le tombe cimiteriali: la Ciabattoni in bronzo (1964),
 
la Besana, sempre in bronzo,  
 
  e la Baragiola, informale-astratta, in granito.
 
  A conclusione e sintesi di questo lungo periodo lavorativo, arriva, nel 1967, il Portale in bronzo della Chiesa Arcipretale di Chiasso (Svizzera), dove la rarefazione e l’annullamento del volume sono raggiunti grazie anche alla non rigidità del piano,

valore raggiunto anche nella precedente opera "Il Sogno di Giacobbe" della Chiesa del Cimitero Maggiore di Como (1966).

   



VERSO L'ASTRAZIONE
IL PERCORSO A RITROSO DEL "FIGURATIVO" DI RIVA


Oltre alla consumazione della forma Riva giunge anche alla consumazione, definitiva, della figura umana. E’ un percorso a ritroso, come dire 'alla rovescia', nell’approccio alla figura. Parte dalla scultura di massa essenziale e sintetica del 1950 ( "Due Teste", "Uomo Seduto", "Donna" ),

  "Due Teste"
"Uomo Seduto"



"Donna"


passa attraverso un figurativo 'geometrico', ancora sintetico ma più articolato del precedente ( "Cappella Battistini", "Lavoro e fede", Lavoratori" ),

"Cappella Battistini"




"Lavoratori"
  "Lavoro e fede"

seguito da una stagione di maggiore aderenza al reale, i gessi del 1956, anatomicamente definiti ( "Donna che si toglie una spina dal piede", "Passo semplice" ),

  "Donna che si toglie una spina dal piede"











per arrivare infine a porre termine al proprio figurativo con la sopra descritta stagione informale, a metà degli anni ’60.
"Passo semplice"

Al contempo, per reazione e per un nuovo impulso creativo, inizia la grande stagione 'astratta', una produzione che si colloca negli anni 1965-68, e che era stata preceduta da una temporanea incursione nell'astratto con le "Piastre" del 1956. Astrazione che non verrà più abbandonata e che verrà indagata in modo 'seriale' a partire dalle "Arfalle" del 1975, a cui seguiranno "Rotori", "Moduli", "Verticali", "Fionde", "Cancelli", "Case degli Angeli".