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Le "Due teste"

  L'estate 1950 lo vede creare un’opera assai importante, che resterà sempre fondamentale, nella sua produzione: le “Due teste” in porfido, a dimensione superiore al naturale. Sublimazione dell'amore umano.
  Chi scrive ha avuto l’avventura, frequentando il suo studio, di vederla abbozzata, di sola bocciarda. Un "non levigato", di ispirazione medardiana. Ma all'artista era già subentrato... l'obbligo di lucidare, e non valsero consigli.


 


  Parallelamente realizza una testa gigante, pure in porfido, un “Cristo Pantocratore”.
Riva si definirà sempre “Cristologico”, anziché dirsi cristiano.


Le due opere furono esposte a Milano nel 1953 alla Galleria Bergamini in via Senato, assieme alle ceramiche (di cui parleremo), e in quell'occasione Mario Radice scrisse ancora: “Le sculture e le ceramiche di Eli Riva si distinguono anzitutto per l’ottima esecuzione tecnica. Questa qualità è di pochi, come sono pochi gli artisti che sentono profondamente l’esigenza della perfetta conoscenza del mestiere. Le opere di questo giovane pare che stiano ancora lottando per uscire dal blocco che le rinserra; anche questo è un segno di vitalità. Ogni figura, accovacciata o distesa, sembra avvolta da una corte di mestizia dalla quale non riesce a liberarsi. Questo scultore ha un carattere personale assai spiccato e farà, come gli auguro, molta strada”. (Riva aveva esposto alla Bergamini anche sculture in marmo di nuova produzione, dove, come nelle suddette ceramiche, è tematizzato proprio il voler uscire della figura dal blocco). A Cantù, ancora, le “Due Teste” vincono il Premio Referendum tra la popolazione.