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San Francesco

La statua di San Francesco d’Assisi fu fatta realizzare nel 1982 dai Padri del Santuario degli Antoniani ad Albate (Como) nell’ottavo centenario della nascita del Santo (1182).
Da un giornale dell’epoca:
“Solitario sopra una altura, il San Francesco, creato da quel mai troppo apprezzato scultore comasco che è Eli Riva, con una tecnica particolare, 'cucendo insieme i diversi pezzi tra loro', come dice l’autore. Riva in questa occasione ha voluto indugiare nostalgicamente sul figurativo.” Egli infatti si era invece da tempo stabilizzato sull’astratto.
“La statua  ha una forte carica espressiva”, continua l’articolista, e trascrive parole dell’artista: L’ho modellata più con lo spirito che con le dita.
Il volto scarno, il saio sgualcito, le mani sacrificate ma unite da un gesto di protezione e di chiamata a raccolta dei fedeli”.


Altri giornali (“La Provincia”, 5 novembre; “L’Ordine”, 5 e 9 novembre; “Il Corriere della Provincia”) si soffermano sugli aspetti della cerimonia, presenti il Sindaco Antonio Spallino e il Vescovo Mons. Teresio Ferraroni.
La statua viene posta  sulla sommità di un masso, nella macchia di verde antistante  il convento.

Chi scrive vuole soffermarsi sui valori formali e particolarmente su un dettaglio, i piedi.
Come già accennato, Riva si era stabilizzato sull’astratto, a partire dal 1965, con una serie di opere, e, definitivamente, dal 1975, con il resto della sua opera, detta “seriale”. Ma contemporaneamente aveva portato a conclusione il suo figurativo, dissolvendo e distruggendo la forma (soluzione “informale” o “materica”). Con la statua di San Francesco siamo nel 1982, ecco perché l’articolista dice che l’autore “ha voluto indugiare nostalgicamente sul figurativo”. Bisogna del resto anche considerare le esigenze della committenza, che Riva soddisfaceva sempre, con la sua saggezza operativa.


Così si esprime il critico Luigi Cavadini: “Riva ha dato a San Francesco quegli abiti che dovevano essergli propri, non il saio ben fatto, ma un saio consunto, fatto di tanti brandelli di stoffa cuciti tra loro e rammendati.
Le mani si congiungono per la preghiera, ma sembrano anche volersi atteggiare all’imposizione sul capo dei fratelli.
Il rapporto tra lo scultore e l’opera (qualcosa di simile verrà detto anche per il monumento a Papa Innocenzo) è stato prima di tutto un profondo discorso tra l’uomo e il Santo.
Riva ha intimamente sentito il messaggio e il pensiero di Francesco e lo ha saputo leggere e interpretare con molta saggezza.”


Ma veniamo ai “piedi”, al dettaglio.

In uno stile veramente materico, i piedi raggiungono e forse superano il valore pregnante delle mani (le mani sono le stesse che ritroviamo nel monumento a Papa Innocenzo, oranti e protettive): i calzari, o meglio i sandali, fanno tutt’uno con la carne e con l’osso del piede.



Il valore simbolico qui precisato nelle mani, protezione e benedizione, verrà ripreso e rivissuto nel monumento a Papa Innocenzo (1994).