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Urbanistica
Interventi progettuali - Riqualificazione aree dismesse
Piazza Cavour: l'incompiuta

PIAZZA CAVOUR

Prima di occuparci del progetto di Eli Riva per Piazza Cavour (a Como) vogliamo avvicinarci al pensiero di Riva, alla sua filosofia della piazza in genere, e lo facciamo con le sue parole:

 “Ogni piazza ha un segno.
Michelangelo ha lavorato sulla piazza del Campidoglio e vi ha portato uno splendido cavallo, cioè il segno politico, e la piazza è politica. Il sagrato  è il sagrato. La piazza civica è la piazza civica. Questo è il segno.
Piazza Cavour come piazza non è mai esistita; come tutti sanno era lago, era acqua. Non è una delle cosiddette Piazze d’Italia.
La sua forma perimetrale impostata su tre lati pieni e uno vuoto, a differenza della ‘piazza-tipo’ a pareti chiuse, impone un atto inventivo per trovare il segno. Nasce la considerazione fondamentale, e cioè la consistenza del pregio panoramico (un panorama unico al mondo). Per subire la trasparenza, la luce dell’acqua, le montagne e il loro riflesso sull’acqua, tutto questo insieme. Il segno non può essere che di ordine contemplativo.
Da tutto questo è nata una idea di ordine  semplice”.

Veniamo ora alla descrizione del progetto (e usiamo ancora le parole di Riva, apparse nelle varie interviste giornalistiche, nella lettera di accompagnamento al progetto per il concorso del 1975, da lui vinto - ancora giacente in Comune -, nelle dichiarazioni alla riunione del gennaio1982 alla Circoscrizione n.7 di via Collegio dei Dottori, dove era presente l’allora onorevole Alborghetti).

“UTENZA GLOBALE: piazza, panorama, acqua, orizzonte, cielo.

Innanzitutto riquotamento e risanamento della superficie, cioè bonifica.
Ho capito che si doveva evitare l’irrigidimento. Il pavimento poteva essere  m o d u l a t o,  e … colorato.
Quanto ai palazzi circostanti, da considerare presenze architettoniche non qualificanti nella volumetria della piazza, farli in un certo senso dimenticare, creando una immagine più densa nel piano orizzontale. Questo deve diventare una spazialità autonoma, un  centro ottico.

Un progetto, dunque, fatto di nulla.
Prima di descriverlo ci piace riportare le parole di Giorgio Bin, Assessore  Provinciale al Turismo, in un’intervista  su “La Provincia”, 21 agosto 2006.
A domanda:  “Cosa non dovrebbe mancare sui vari progetti per rendere finalmente piazza Cavour  il salotto  buono di Como ? ” risponde: “Sicuramente dovranno esserci  elementi  legati all’acqua, non necessariamente una fontana (fontane e fontanelle che Riva odiava, definendole  banalizzazione  dell’acqua). Un richiamo all’acqua è essenziale, perché è questo che caratterizza la piazza e la rende unica”.
E’ un concetto che pienamente  corrisponde al pensiero del progettista Riva.

Alberto Longatti (in “La Provincia”, 17 gennaio 2002; ripubblicato nel volume “La Como che verrà” a cura di Giuseppe Guin, edito da “La Provincia”) tenta di descrivere il progetto a livello delle proprie sensazioni:
Hanno chiesto a Eli Riva un giorno lontano di progettare un nuovo assetto  per piazza Cavour, e ovviare a quello spazio troppo vuoto, troppo spoglio. E lui ha presentato disegni e plastici in cui lo spazio vuoto, anziché ridursi, veniva ampliato a dismisura, guadagnava tutta la piazza.
Un vuoto in cui circolava solo l’aria. Eppure, così liberata da ingombri, la piazza acquistava un fascino inesprimibile. Un fascino emergente dalla pavimentazione. Il progetto aveva affidato lì tutta la sua carica  inventiva, modellandola, quasi accarezzandola come la superficie di una scultura, e come avrebbe fatto l’acqua. Lievemente ondulata e degradante con dolcezza verso il lago. Perché era il lago a invadere idealmente la piazza, come se tornasse nella conca dell’antico porto.”

Un progetto fatto di nulla:

  Riquotamento della superficie.
(E torniamo alle parole dell’autore) “Riduzione a un unico piano espressivo mediante la posa di un materiale unitario, che abbia il pregio della robustezza e della espressività ricercata nel colore. La scelta del materiale è suggerita dall’ambiente, dalla piazza stessa luminosa, perciò cadrà fra il bianco e l’ocra, colori aderenti alla luce solare.
La pietra è il discorso base della città. Tutta la superficie è proposta a grandi masselli, di dimensioni diverse, in una composizione disegnativa e coloristica evocante le esondazioni, in un significato di accettazione della vita dell’acqua.”
Nella sua utopia  - come è stata chiamata - Riva prevedeva un riquotamento delle superfici che coinvolgesse anche piazza del Duomo, con una operazione simmetrica nelle due piazze – sagrato e spazio civico del Broletto, l’una, spazio naturale e paesaggistico, l’altra -, e con il collegamento ideale dei portici Plinio.
Utopia.
In merito riportiamo le parole del giornalista Angelo Curtoni apparse su “La Provincia” in anni successivi: “Rivisto ora, il progetto di Eli Riva per piazza Cavour appare così lontano dalla mentalità mercantile di Como, da sembrare un sogno artistico, una fantasia sfrenata, un’utopia urbanistica. Per questo penso il progetto abbia affascinato tutti, ma è rimasto sepolto nei cassetti di qualche assessorato”. (Infatti alla famiglia non sono rimasti disegni.)
Conferma questo pensiero Fabio Germinario: “Un sogno urbanistico colmo di poesia con un pizzico di follia, che andò a scontrarsi con la ben nota concretezza comasca. Si potrebbe definire così il progetto che nel lontano 1975 lo scultore Eli Riva propose all’attenzione dell’allora Sindaco di Como Antonio Spallino per riqualificare gli spazi irrisolti di Piazza Cavour”.
Per la cronaca, la concorrenza, nel concorso di idee indetto allora e vinto da Eli Riva, aveva i nomi eccellenti di Bruno Munari e dell’architetto Forges Davanzati.

Illuminazione.
"E’ proposta a parete, con grandi linee aggrappate agli edifici, quasi a formare una grande estensione luminosa, coerente alla igiene estetica che si propone." (E.Riva)

Arredo.
“Riva depone ad anfiteatro un numero imprecisato di sedili che si aprono a semicerchio verso il lago; naturalmente sedili d’autore, vere e proprie sculture concepite con finalità funzionali, e colorate. A vederli sul modellino, in ordine sparso, ricordano i semi gettati dal contadino con gesto largo e circolare o, se si vuole, sassolini abbandonati sulla spiaggia dal capriccio ‘rotondo’ di un’alta marea. I blocchi di marmo uno diverso dall’altro e ognuno con una sua forma originale; le porzioni colorate poste in verticale sembrano nascere dalla pavimentazione stessa”. Sono ancora parole di Angelo Curtoni che prosegue: “Ho lasciato per ultimo l’elemento che più mi attrae, una ‘balaustra’ di marmo a monte della piazza posta sul fronte dell’Hotel Barchetta, dalla quale ammirare la piazza in tutta la sua estensione. Vengono in mente le parole del poeta: balaustrata di brezza / per appoggiare stasera / la mia malinconia”.

Panchina


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Già nel primo progetto Riva aveva previsto la revisione della fascia di scorrimento veicolare a lago con raddoppio della porzione pedonale, producendo una leggera curva. Questo allargamento, con leggera curva, previsto nel progetto vincente del 1975, fu realizzato da altri, estrapolandolo dall’idea di Riva, nei lavori di manutenzione straordinaria da parte dell’Ufficio Tecnico nel 1983. Fu una furbata che Eli Riva ha potuto perdonare.
Oggi purtroppo la leggera curva, l’allargamento, è diventata una piattaforma di 19 metri spinta nell’acqua, non ricavata dalla piazza stessa. Costituendo una seconda piazza, un ingombro, che inoltre impedisce di vedere il lago.

Nel progetto consegnato autonomamente nel 1985, Riva rinunciò alla pavimentazione come da lui poeticamente prevista nel ’75, accettando suo malgrado il già fatto dall’Ufficio Tecnico nel ’83, e produsse varianti anche nel progetto illuminazione.

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Breve storia della piazza Cavour

Era il porto mercantile di Como e nelle foto d’epoca sono ancora visibili le dogane dove approdavano le barche con le merci - i cosiddetti  ‘cumball’  - e le ‘Lucie’, come è possibile vedere in un bell’acquerello di Turner.
Quando vennero proposti i battelli per la navigazione, per questi l’approdo divenne impossibile, e il porto fu interrato.  La superficie ottenuta essendo molto spoglia, un magnate regalò una magnifica fontana; ma essendo troppo … nuda nelle procaci forme femminili, la Como bacchettona la eliminò vendendola in America.
La piazza diventò poi posteggio auto, ma prima vi sferragliavano i tram e vi passeggiavano le carrozzelle.
Tolto il posteggio con benemerita delibera del Sindaco Spallino, la piazza tornò vuota.
Ci voleva un atto inventivo, come disse Riva, per “una piazza di grande pregio paesaggistico e di difetto strutturale”.

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PROGETTI DI RIQUALIFICAZIONE URBANA E INTERVENTI IN AREE DISMESSE


Sono tutti relativi a Como e tutti non realizzati, contrariamente a quelli di architettura religiosa per le soluzioni presbiteriali delle chiese post-conciliari ampiamente citati altrove.
Prima di elencarli, ecco ancora le parole di Alberto Longatti nell'intervista pubblicata in "La Como che verrà" : "Più che alle molte opere realizzate, si ricordano quelle rimaste sulla carta, in particolare i progetti per la Piazza Cavour, e per il ridisegno del fronte a lago dell'Hotel Barchetta sempre per la stessa zona, per capire il rispetto di Eli Riva nei confronti dell'ambiente, che travalica la realtà e la riconsidera nei suoi aspetti storici e umani, specie quando per ambiente si intende il luogo dove è nato e abita, la sua città."

Risponde ancora Eli Riva a domanda: "Ho imparato da Rosario Assunto che cosa si deve intendere per città, con una espansione controllata, tenendo sempre conto delle sue origini, della sua natura. La funzionalità deve sempre essere accompagnata dalla rapresentatività, con un equilibrio tra passato e presente che non sappiamo tenere perché non riusciamo a vedere l'anima delle cose. C'è una città dello spirito prima di quella fisica."

- Negli anni ’50 la fontana di Villa Geno, con una scultura nello stile tipico di Riva in quegli anni.

- Sistemazione di piazza Peretta, con soluzione di scultura centrale, similmente al progetto di Villa Geno.

- Hotel  Plinius. Nessun progetto, ma suo è il merito di averlo salvato dalla demolizione voluta per far posto  a una progettata costruzione di alti palazzi in riva al lago, nuovi fabbricati allineati (“come a Lugano!”, si diceva ). Riva faceva allora parte della Commissione Edilizia del Comune e riuscì a convincere i commissari del valore ambientale del Plinius, il valore dell’“esistente” già assimilato nell’immaginario collettivo.

- Porta Torre. Averla salvata da un riuso a scopo commerciale, con ristorante all’apice. “La torre è di ordine militare”, diceva. Propose invece una torre con ristorante all’apice a riqualificare la piazzetta Pinchetti, tuttora in disordine e vuota.

- Chiostrino di Sant’Eufemia.
Riva chiese l’utilizzo dello spazio, offrendosi come collaboratore per il restauro della chiesa, e progettando un uso multifunzionale, oltre al suo laboratorio, che avrebbe coinvolto altre iniziative cittadine.

- Facciata Hotel Barchetta.
Divenuto l’Hotel Barchetta proprietà di Villa d’Este, quest’ultima commissionò a Riva il rifacimento della facciata, e così si espresse in proposito Alberto Longatti  (nel già citato articolo in “La Provincia”, 17 gennaio 2002): “L’artista ebbe l’incarico di ridisegnare la fronte a lago dell’albergo. Risolse il suo impegno cancellando l’allineamento simmetrico delle aperture e sparpagliandole secondo una distribuzione compositiva dei vuoti e dei pieni che somigliava a un dipinto astratto. Ma dietro quell’apparente disordine si celava una precisa logica di funzionalità, l’intento di far coincidere gli interni con l’esterno, dando ad ogni locale la giusta luce e la miglior vista lago. Più che le molte opere realizzate, si ricordano queste due rimaste sulla carta  - Longatti si riferisce anche a piazza Cavour -  per capire il rispetto di Eli Riva nei confronti dell’ambiente, che travalica la realtà e la riconsidera nei suoi aspetti storici e umani, specie quando per l’ambiente s’intende il luogo dove è nato e abita, la sua città.”



Ci piace aggiungere ai progetti e alle proposte urbanistiche non realizzati, due che non sono neanche progetti ma solo idee, "visioni" mentali della sua giovinezza, o "sogni", che ha potuto cogliere e ricordare chi gli ha vissuto accanto.
Una è l'idea di una Como verticale, da aggiungersi all'esistente, costruita in verticale sulla parete del monte Brunate, una delle due montagne (l'altra è il monte Croce) che chiudono Como lateralmente, aprendola verso il lago, e costringendola in un piccolo spazio.
L'altra "visione" è quella di una sopraelevata che da Como raggiunga Camerlata evitando il traffico della via Napoleona.
Non abbiamo disegni.

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A conclusione del problema-piazza, riportiamo l'Intervento-relazione di Eli Riva nel dibattito relativo alla sistemazione di Piazza Cavour tenutosi alla circoscrizione n.7 di Como (gli altri relatori erano Forges-Davanzati e Bruno Munari, come Riva autori di progetti per la piazza risalenti al concorso del 1975, vinto da Riva ma poi non realizzato). Intervento che fu pubblicato dalla rivista "La Tribuna di Como" il 30 marzo 1985:
...Alla piazza occorre un atto inventivo non ancora prodotto, perché la piazza, appunto, non è mai esistita, essendo un porto. Il problema era quello di individuare il 'segno' della piazza, perché ogni piazza ha un segno. Michelangelo ha lavorato sul Campidoglio e vi ha portato uno splendido cavallo, cioè il segno politico, e la piazza è "politica". Così è il sagrato. Così è la piazza civica per eccellenza.
Cos'è piazza Cavour ? Mi sono posto questo problema, chiedo scusa penso di essere un supersensibile, e ho individuato questo "segno" in una dimensione contemplativa per subire la trasparenza, la luce, le montagne, l'acqua, cioè tutto insieme. E allora è nata questa idea che è di ordine semplice: riquotamento e risanamento della superficie.
Quando ho steso questo progetto nel '75...gli originali, non so,compreso il plastico, si sono smarriti in Comune...mi sono accorto che con l'irrigidimento ne usciva un dato metafisico, una specie di robustezza della piazza. Cioè lavorando su questi dati, riquotamento e risanamento (naturalmente il riquotamento è in rapporto alle medie esondazioni) ho fatto delle scoperte proprio di ordine professionale, cioè che il pavimento poteva essere colorato e modulato, modellato proprio come si modella una scultura, cioè farlo alzare, muoverlo, stendere delle tracce, i passaggi fra massello e massello, insomma "disegnare" la piazza.
La mia sensibilità ha cominciato a percepire dati, la piazza cominciava a vibrare da sola, gli edifici circostanti, che sono in linea di massima edilizia semplice, senza mancare di rispetto, passavano in secondo piano. Ho capito che la piazza poteva e doveva essere una cosa autonoma, in se stessa, cioè completamente staccata dall'esistente verticale. Ribaltare l'operazione e rendere autonoma la superficie dal contesto edilizio, in quanto che, in circa 100 anni, la piazza è stata completamente privata delle testimonianze storiche. In una parola: far diventare "immagine" il pavimento.
Un'altra scoperta è stata questa. Piazza Cavour è la prosecuzione naturale dell'esistente nucleo urbano consolidato, e allora è nata l'idea di una simmetria, mi spiego. E' nata l'idea di una operazione simmetrica fra piazza Duomo e piazza Cavour, uno scorrimento: riquotamento della via Plinio per evidenziare la simmetria delle due piazze e i loro caratteri: piazza Duomo sagrato e spazio civico, il Broletto, piazza Cavour di ordine naturale e paesaggistico.
Il ricupero di un piano così apre alla immaginazione e alla fantasia per il problema, poi, dell'arredo. Illuminazione, panchine, verde ... ricuperare due porzioni di verde come "segnale" a precisazione dei raccordi con il lungolario e come deflusso verso i giardini.
Per l'illuminazione ho previsto un filo luminoso autonomo in aggrappo agli edifici. Con supporti selezionati, per i quali si poteva fare un concorso, anche internazionale, fra scultori. Il problema luce è di grande importanza nel mio progetto: il fascio luminoso potrebbe vivere insieme al quadrato-piazza, partecipante nelle ore notturne a tenere "chiusa" la piazza, ovverosia svincolata dall'esistente poco espressivo che rimarrebbe in ombra.”